L’australiana Minjee Lee con una gran volata finale in 64 (-8) colpi, iniziata dal sesto posto, e con uno score totale di 272 (68 66 74 64, -16), ha vinto il Lotte Championship, torneo del LPGA Tour disputato al Ko Olina Golf Club (par 72), a Kapolei nell’isola hawaiana di Oahu, dove non hanno superato il taglio Giulia Sergas (81 74) e Giulia Molinaro (78 77), entrambe 132.e con 155 (+11).
La Lee ha battuto per un solo colpo di differenza Katie Burnett, in vetta dopo tre giri e alla quale rendeva cinque colpi, e la coreana In Gee Chun (273, -15). In quarta posizione con 274 (-14) la thailandese Moriya Jutanugarn, in quinta con 275 (-13) la coreana Su-Yeon Jang, in sesta con 276 (-12) la francese Joanna Klatten e in settima con 277 (-11) Megan Khang, Mo Martin e la coreana Sei Young Kim, campionessa uscente.
In decima con 278 (-10) Lexi Thompson, numero tre mondiale, la cinese Shanshan Feng e l’emergente canadese Brooke M. Henderson e mai in partita la neozelandese Lydia Ko, leader del Rolex ranking, 23ª con 283 (-5) insieme alla norvegese Suzann Pettersen. Al 44° posto con 286 (-2) Paula Creamer, mentre ha mollato in chiusura la coreana Inbee Park, numero due nella graduatoria mondiale, 68ª con 293 (+5), dopo un 77 (+5).
Minjee Lee, nativa di Perth e vent’anni nel prossimo maggio, ha siglato il secondo titolo nel circuito dopo quello ottenuto nel Kingsmill Championship del 2015. Nel suo palmares anche un successo nel tour femminile australiano dove ha sconfitto le proettes quando era dilettante (Oates Victoria Open, 2014). Ha avuto partita vinta con un eagle e sei birdie, senza bogey e ha intascato un assegno di 270.000 dollari su un montepremi di 1.800.000 dollari.
TERZO GIRO - Katie Burnett, leader con 203 colpi (70 66 67, -13), proverà a vincere nel giro finale del Lotte Championship, torneo del LPGA Tour che si sta disputando al Ko Olina Golf Club (par 72), a Kapolei nell’isola hawaiana di Oahu.
Non sarà un’impresa facile anche se è riuscita ad allungare un po’ la classifica, per la qualità delle inseguitrici. E’ al secondo posto con 204 (-12) la coreana Su-Yeon Jang, sono al terzo con 206 (-10) la thailandese Moriya Jutanugarn e la coreana In Gee Chun e una terza coreana, Sei Young Kim, è al quinto con 207 (-9), forse la più pericolosa perché determinata a confermare il titolo conseguito lo scorso anno. Ha ceduto l’australiana Minjee Lee, da prima a sesta con 208 (-8) alla pari con la francese Joanna Klatten e con la thailandese P.K. Kongkraphan.
Sta rincorrendo Lexi Thompson, numero tre mondiale, nona con 209 (-7), ma sei colpi di ritardo sembrano troppi di recuperare. Sono fuori gioco la cinese Shanshan Feng e la canadese Brooke M. Henderson, 12.e con 210 (-6), la norvegese Suzann Pettersen, 17ª con 211 (-5), la neozelandese Lydia Ko, leader del Rolex Ranking, 32ª con 214 (-2), che sta tirando il fiato dopo le vittorie nelle due gare precedenti, la coreana Inbee Park, numero due, e Paula Creamer, 45.e con 216 (par).
Non hanno superato il taglio Giulia Sergas (81 74) e Giulia Molinaro (78 77), entrambe 132.e con 155 (+11). Il montepremi è di 1.800.000 dollari.
SECONDO GIRO - Giulia Sergas (81 74) e Giulia Molinaro (78 77), 132.e con 155 (+11) colpi, sono uscite al taglio nel Lotte Championship, torneo del LPGA Tour che si sta disputando al Ko Olina Golf Club (par 72), a Kapolei nell’isola hawaiana di Oahu.
E’ rimasta solitaria al comando con 134 (68 66, -10) Minjee Lee, 20enne australiana di Perth con un titolo nel circuito, che ha lasciato a due colpi Katie Burnett (136, -8), e a tre la coreana Su-Yeon Jang (137, -7). Al quarto posto con 138 (-6) l’altra la coreana Sei Young Kim, campionessa uscente, e la thailandese Moriya Jutanugarn, in vetta con la Lee dopo un turno, e al sesto con 139 (-5) la canadese Brooke M. Henderson.
Ha guadagnato 67 posizioni, Lexi Thompson, numero tre mondiale, da 77ª a decima con 141 (-3), grazie a un 66 (-6), e ha lo stesso score la cinese Shanshan Feng. Poco dietro Paula Creamer e la norvegese Suzann Pettersen, 18.e con 142 (-2), e ha perso terreno la neozelandese Lydia Ko, numero uno del Rolex ranking, da 13ª a 26ª con 143 (-1). Non brilla Inbee Park, numero due, 49ª con 145 (+1).
Minjee Lee ha siglato un 66 (-6) con sei birdie senza bogey. Per Giulia Sergas 74 (+2) colpi con due birdie, due bogey e un doppio bogey e per Giulia Molinaro 77 (+5) con un birdie e sei bogey. Il montepremi è di 1.800.000 dollari.
PRIMO GIRO - Inizio decisamente in salita per Giulia Molinaro, 115ª con 78 (+6) colpi, e per Giulia Sergas, 139ª con 81 (+9), a un passo dal taglio nel Lotte Championship, torneo del LPGA Tour che si sta disputando al Ko Olina Golf Club (par 72), a Kapolei nell’isola hawaiana di Oahu.
Al proscenio proette emergenti quali l’australiana Minjee Lee e la thailandese Moriya Jutanugarn, leader con 68 (-4), e la canadese Brooke M. Henderson, terza con 69 (-3) alla pari con la connazionale Alena Sharp, con Kim Kaufman, con la tedesca Caroline Masson e con la coreana Sei Young Kim, campionessa uscente.
Ha perso poco terreno la neozelandese Lydia Ko, numero uno mondiale, 13ª con 71 (-1) insieme alla norvegese Suzann Pettersen, mentre sono in bassa classifica la coreana Inbee Park, numero due, 64ª con 74 (+2), e Lexi Thompson, numero tre, 77ª con 75 (+3). Hanno fatto meglio, pur con qualche errore di troppo, Paula Creamer, 23ª con 72 (par), e la cinese Shanshan Feng, 47ª con 73 (+1).
In una giornata molto ventosa solo 22 concorrenti sono scese sotto par. "Il vento aiuta se sei una giocatrice d’attacco - ha spiegato Minjee Lee, 20enne di Perth con un titolo nel circuito - ma devi stare molto attenta alla direzione, E’ poi occorre anche un po’ di fortuna. Io oggi credo di averne avuta in parte, ma sono riuscita comunque districarmi nel modo giusto". Nel suo score sei birdie e due bogey.
Ariya Jutanugarn, 21enne di Bangkok, ha detto: "Mi sono divertita. Ho avuto ragione del vento ricorrendo a diverse strategie e soprattutto alla pazienza. Sono rimasta molto soddisfatta per i sette birdie: non è facile segnarne tanti in tali condizioni". Per lei, oltre ai sette birdie, anche un bogey e un doppio bogey.
Lydia Ko di birdie ne ha realizzati cinque, ma sono stati quasi tutti annullati da due bogey e da un doppio bogey. Per Giulia Molinaro un birdie, cinque bogey e un doppio bogey e per Giulia Sergas un birdie, otto bogey e un doppio bogey. Il montepremi è di 1.800.000 dollari.
LA VIGILIA - Dopo una settimana di pausa torna il LPGA Tour con il Lotte Championship (13-16 aprile) in programma al Ko Olina Golf Club, a Kapolei nell’isola hawaiana di Oahu. Nuovamente in campo Giulia Sergas e Giulia Molinaro, entrambe in cerca di una prestazione convincente dopo un inizio di stagione con qualche difficoltà. Particolarmente motivata la prima che deve mantenere la sua posizione tra le prime 60 dell’Olympic Ranking, ove attualmente è 45ª, per andare ai Giochi Olimpici di Rio 2016 insieme a Diana Luna, anche lei in classifica (53ª).
Calamitano l’attenzione a Kapolei la neozelandese Lydia Ko, numero uno mondiale, in forma straripante e reduce da due successi consecutivi tra i quali uno nel primo major stagionale (ANA Inspitation), la coreana Inbee Park e Lexi Thompson, che la seguono nel Rolex ranking. Difende il titolo la coreana Sei Young Kim e saranno tra le favorite anche la connazionale Hyo Joo Kim, le statunitensi Paula Creamer e Michelle Wie, la cinese Shanshan Feng e la norvegese Suzann Pettersen. Sarà interessante osservare alcune giovani emergenti quali Jacqui Concolino, la canadese Brooke M. Henderson, la cinese Xi Yu Lin e l’israeliana Laetitia Beck. Il montepremi è di 1.800.000 dollari.
Filippo Bergamaschi ha vinto con 266 colpi (66 69 66 65; -22), il Campionato Nazionale Open, giunto alla 77ª edizione disputato sul percorso del Golf Club Le Fonti (par 72) a Castel San Pietro Terme.
Il successo di Bergamaschi (25enne di Treviglio con "carta" per il Challenge Tour) è arrivato al termine di un appassionante confronto con Francesco Laporta, secondo con 267 (-21). Nino Bertasio, terzo con 268 (-20) è stato un altro grande protagonista del torneo, lottando per la vittoria fino all’ultima buca. In quarta posizione con 271 (-17) il duo formato da Cristiano Terragni e da Matteo Delpodio. Sesto posto per Lorenzo Gagli con 272 (- 16), seguito da Enrico Di Nitto (275, -13).
Non è riuscito a trovare il ritmo giusto Matteo Manassero, 23° con 282 (-6) alla pari con Andrea Zani e con Lorenzo Magini. Prestazione sotto tono del campione uscente Alessandro Tadini, 40° con 287 (-1).
Filippo Bergamaschi, al quale sono andati 7,250 euro dal montepremi di 50.000, ha iscritto dunque il suo nome nell’albo d’oro del torneo più longevo della FIG, primo evento italiano nell’ambito del Progetto Ryder Cup 2022. Una bella iniezione di fiducia per lui in vista della stagione del Challenge Tour. Bergamaschi, pur avendo iniziato il round con un bogey, ha poi firmato il miglior score della giornata (6 birdie e un eagle). Ha avuto bisogno di una performance sopra le righe, infatti, per superare Francesco Laporta, che ha disputato un ottimo torneo (soltanto due bogey in 72 buche). Il pugliese è stato tradito dal putter alla penultima buca e il gli ha fatto perdere la vetta.
"Laporta ha giocato veramente bene - ha raccontato Bergamaschi - ed è stato veramente difficile superarlo. Questa vittoria mi riempie d’orgoglio, perché nella corsa al titolo c’era anche un altro ottimo giocatore come Bertasio. La svolta è arrivata tra la buca 8 e la 13 quando con tre birdie e un eagle ho dato più ritmo al giro. Ora mi concentro sul Challenge Tour, augurandomi di trovare la giusta continuità di rendimento".
TERZO GIRO - Francesco Laporta con il punteggio di 199 colpi (64 69 66, -17), si è portato in vetta al Campionato Nazionale Open, che si sta giocando sul percorso bolognese del Golf Club Le Fonti (par 72) a Castel San Pietro Terme. A un giro dal termine si fa sempre più avvincente la corsa al titolo: dietro a Laporta, inseguono in seconda posizione con 201 (-15) Nino Bertasio (68 66 67) e Filippo Bergamaschi (66 69 66). Cristiano Terragni, con 202 (66 66 70, -14), è scivolato in quarta, ma ha comunque possibilità di recuperare la vetta. In quinta con 203 (-13) lanceranno l’assalto al primo posto anche Lorenzo Gagli (70 69 64) e Matteo Delpodio (70 66 67).
Ottimo il ruolino di marcia dell’amateur Guido Migliozzi, settimo con 204 (67 67 70,-12), seguito da Andrea Rota, ottavo con 205 (68 70 67, -11). Al nono posto con 206 (-10) il trio formato da Alessandro Grammatica (72 66 68), Enrico Di Nitto (66 71 69) e dall’amateur Andrea Saracino (70 65 71), che precedono di due colpi Lorenzo Scotto, 12° con 208 (68 70 70, -8). Al tredicesimo con 209 (-7) un nutrito gruppo composto da Marco Crespi (71 69 69), Michele Ortolani (69 71 69), Andrea Maestroni (67 71 71), Andrea Bolognesi (70 68 71), Gregory Molteni (72 65 72) e dall’amateur Giacomo Fortini (67 70 72).
Matteo Manassero (circondato dall’affetto del pubblico) non è riuscito a cambiare passo e occupa il 19° posto con 210 (71 68 71 -6) insieme a Stefano Pitoni (70 70 70), Lorenzo Magini (68 73 69) e a Leonardo Motta (70 68 72). È rimasto in bassa classifica il campione in carica Alessandro Tadini, 41° con 215 (71 74 70, -1). Il taglio, caduto a +2, ha estromesso dalla gara, fra gli altri, Nunzio Lombardi, 61° con 147 (+3) e Marco Bernardini (vincitore del Campionato Nazionale Open 2008), 83° con 151 (+7).
SECONDO GIRO - Cristiano Terragni, con 132 colpi (66 66, -12), è il nuovo leader nella classifica provvisoria del Campionato Nazionale Open, in svolgimento sul percorso del GC Le Fonti (par 72) a Castel San Pietro Terme. Il secondo round è stato sospeso per oscurità. È rimasto in seconda posizione Francesco Laporta con 133 (64 69, -11), mentre occupano il terzo posto con 134 colpi (-10) Nino Bertasio (68 66) e l’amateur Guido Migliozzi (67 67). Al quinto Filippo Bergamaschi con 135 (66 69, -9) al pari dell’amateur Andrea Saracino (70 65), al settimo con 136 (-8) Matteo Delpodio.
In ottava posizione con 137 (-7) Andrea Zani, che aveva concluso in vetta le prime 18 buche, Gregory Molteni, Enrico Di Nitto, Federico Colombo e l’amateur Giacomo Fortini. Al 13° posto con 138 (-6) Andrea Rota, Andrea Bolognesi, Andrea Maestroni, Leonardo Motta, Alessandro Grammatica, Lorenzo Scotto e l’amateur Jacopo Vecchi Fossa. Con un buon giro concluso quattro colpi sotto il par (68, -4) è salito in graduatoria Matteo Manassero, 20° con 139 (-5) alla pari con Nicola Maestroni, Lorenzo Gagli e con l’amateur Michele Cea. Il campione in carica Alessandro Tadini, che ha chiuso il secondo round in due colpi (74, +2) sopra il par è fra i giocatori a rischio taglio.
Cristiano Terragni, lombardo classe 1990, ha all’attivo un successo nell’Alps Tour (Feudo di Asti Open 2011) e dopo un buon 2015 vuole iniziare la nuova stagione con un risultato di prestigio: "Sto giocando veramente bene e anche in questo secondo giro ho stabilito un buon feeling con un percorso che permette tanti birdie. Mi conforta e mi dà fiducia il rendimento nel gioco lungo e la buona capacità realizzativa sul green. La corsa verso il titolo è molto aperta e anche i giocatori più indietro in graduatoria possono inserirsi fra i pretendenti alla vittoria".
PRIMO GIRO - Andrea Zani è al comando del Campionato Nazionale Open con 63 colpi (-9) dopo il giro iniziale disputato sul percorso bolognese del Golf Club Le Fonti (par 72) a Castel San Pietro Terme. In seconda posizione con 64 (-8) Francesco Laporta. Al terzo posto con 66 (-6) Filippo Bergamaschi, Cristiano Terragni, Enrico Di Nitto, Nicola Maestroni e Matteo Verardo. Ottavi con 67 colpi (-5) Andrea Maestroni e gli amateur Guido Migliozzi e Giacomo Fortini.
Zani, 33enne bresciano, professionista dal 2004, ha al suo attivo un successo nell’Alps Tour (Open Le Fronde, 2005) e ha sfiorato la vittoria nel Campionato Nazionale Open del 2008, concluso in seconda posizione dietro a Marco Bernardini: "Questo primo giro è stato praticamente perfetto sia nel gioco da tee a green sia nel rendimento con il putter. La svolta positiva è arrivata con l’eagle alla 14: ero alla mia quinta buca e quella prodezza mi ha dato una grande iniezione di fiducia. Spero di trovare la giusta continuità per proseguire su questi livelli".
Nel quadro del Progetto Golf e Scuola oltre 200 bambini degli Istituti Scolastici Albertazzi e Sassatelli di Castel San Pietro Terme e Don Milani di Poggio Grande hanno trascorso la mattina al Golf Club Le Fonti per andare "a scuola di golf". Nei prossimi giorni faranno la conoscenza del golf anche le 5 classi della terza elementare dell’Istituto Scolastico Don Luciano Sarti di Castel San Pietro Terme per un totale di 500 ragazzi.
La canadese Samantha Richdale si è imposta con 209 colpi (68 72 69, -7) nel Florida's Natural Charity Classic, torneo del Symetra Tour - il secondo circuito femminile statunitense - svoltosi sul percorso del Lake Wales Country Club (par 72), a Lake Wales in Florida. E’ uscita al taglio Silvia Cavalleri, al debutto stagionale, 92ª con 152 colpi (73 79, +8).
La Richdale ha superato nelle ultime battute la 15enne dilettante taiwanese Ya-Chun Chang, leader dopo un giro e terminata al secondo posto con 210 (-6) insieme alla svedese Madelene Sagstrom. Al terzo con 212 (-4) Dana Finkelstein, la canadese Rebecca Lee-Bentham e la giapponese Kana Nagai e al settimo con 213 (-3) la danese Therese O’Hara. Alla vincitrice sono andati 26.250 dollari su un montepremi di 175.000 dollari.
SECONDO GIRO - Silvia Cavalleri, da 33ª a 92ª con 152 colpi (73 79, +8), è uscita al taglio nel Florida's Natural Charity Classic, gara del suo debutto stagionale nel Symetra Tour, il secondo circuito femminile statunitense, che si sta svolgendo sul percorso del Lake Wales Country Club (par 72), a Lake Wales in Florida.
E’ passata a condurre con 138 (68 70, -6) la 15enne dilettante taiwanese Ya-Chun Chang che, in caso di successo, diverrebbe la più giovane vincitrice nei 36 anni di storia del circuito e la quarta amateur a imporsi dopo Cristie Kerr (1995), Kellee Booth (1999) e Hannah O’Sullivan (2015).
Sono all’inseguimento la giapponese Kana Nagai, seconda con 139 (-5), l’altra taiwanese Peiyun Chien e la canadese Samantha Richdale, terze con 140 (-4), Kate Scarpetta, Marissa Steen, in vetta dopo un turno, e la svedese Madelene Sagstrom, quinte con 141 (-3).
La Chang ha realizzato tre birdie e un bogey per il 70 (-2) e la Cavalleri ha concluso la gara con due birdie, sette bogey e un doppio bogey per il 79 (+7). Il montepremi è di 175.000 dollari.
PRIMO GIRO - Silvia Cavalleri è al 33° posto con 73 (+1) colpi dopo la prima giornata del Florida's Natural Charity Classic, gara con la quale l’azzurra fa il suo debutto stagionale nel Symetra Tour, il secondo circuito femminile statunitense, sul percorso del Lake Wales Country Club (par 72), a Lake Wales in Florida. E’ in vetta con 66 (-6) Marissa Steen, seguita a due colpi dalla giapponese Kana Nagai, dalla canadese Samantha Richdale e dalla dilettante taiwanese Ya-Chun Chang (68, 4). Al quinto posto con 69 (-3) Emily Tubert, la coreana Hye-Min Kim e la taiwanese Peiyun Chien.
Marissa Steen ha condotto il giro con sei birdie, senza bogey. Per la Cavalleri due birdie e tre bogey. Il montepremi è di 175.000 dollari.
LA VIGILIA - Silvia Cavalleri fa il suo debutto stagionale nel Symetra Tour, il secondo circuito femminile statunitense, partecipando al Florida's Natural Charity Classic (8-10 aprile, 54 buche) in programma sul percorso del Lake Wales Country Club, a Lake Wales in Florida.
Difende il titolo la canadese Sue Kim in un contesto che comprende le connazionali Jessica Wallace e Lorie Kane, 51enne con un buon passato nel LPGA Tour, Erynne Lee, leader dell’ordine di merito e a segno nella prima gara stagionale (IOA Championship), Brittany Benvenuto, la svedese Madelene Sagstrom e la giapponese Chie Arimura. Il montepremi è di 175.000 dollari.
I vincitori delle Olimpiadi di golf saranno ammessi per un anno a tutti i major. L’annuncio è stato dato ad Augusta dai responsabili del golf mondiale. Chi conquisterà la medaglia d’oro maschile avrà diritto a partecipare a Masters, Us Open, Open Championship e PGA Championship del 2017. L’esenzione nei cinque major femminili per la campionessa olimpica comincerà dall’Evian Championship del prossimo settembre e proseguirà nei quattro major successivi in programma nel 2017: ANA Inspiration, Women's PGA Championship, US Women's Open e Women's British Open.
L’iniziativa tende a spingere il maggior numero possibile di grandi giocatori alle Olimpiadi, non tanto i grandissimi che comunque l’esenzione per i major già l’hanno in tasca.
L’inglese Danny Willett ha vinto con 283 colpi (70 74 72 67, -5) l’80ª edizione del Masters Tournament, primo major stagionale disputato sul percorso dell’Augusta National GC (par 72) ad Augusta in Georgia. In un giro finale che sarà ricordato a lungo, tra un continuo susseguirsi di emozioni e sorprese, il 28enne di Sheffield ha superato il connazionale Lee Westwood e Jordan Spieth (286, -2), numero due mondiale e campione uscente, che era leader con cinque colpi di vantaggio a nove buche dal termine.
E’ stato anche il festival dei giocatori inglesi che sono terminati in cinque tra i primi dieci con Paul Casey quarto con 287 (-1), insieme a J.B. Holmes e a Dustin Johnson, con Matthew Fitzpatrick, settimo con 288 (par) alla pari con il danese Soren Kjeldsen e con il giapponese Hideki Matsuyama e infine con Justin Rose, decimo con 289 (+1) affiancato da altri due grandi sconfitti, oltre a Spieth, l’australiano Jason Day, leader del world ranking, e il nordirlandese Rory McIlroy, numero tre.
Ad incrementare le emozioni anche tre "buche in uno", tutte realizzate alla 16ª (par 3, yards 181) nell’arco di un paio d’ore, dal sudafricano Louis Oosthuizen (15° con 291, +3), dall’irlandese Shane Lowry, 39° con 298 (+10), e da Davis Love III, capitano della squadra statunitense di Ryder Cup, 42° con 299 (+11). Singolare il modo in cui ha firmato l’ace Oosthuizen, la cui pallina ha urtato contro quella tirata in precedenza da J.B. Holmes, deviando e finendo a bersaglio.
In un major, dove conta realmente solo conquistare il titolo, forse gli unici che sono rimasti soddisfatti della posizione occupata sono stati due dilettanti: Bryson DeChambeau, a segno nell’US Amateur, 21° con 293 (+5), premiato con la medaglia, e il francese Romain Langasque, 39° con 298, che ha offerto un bel 68 (-4) a chiudere. E merita un grande elogio il campione tedesco Bernhard Langer, che ha iniziato il giro finale in terza posizione e in contesa per il titolo, salvo poi a pagare tributo ai suoi 58 anni scendendo fino alla 24ª con 294 (+6), stesso score dello svedese Henrik Stenson.
Da aggiungere alla lista dei delusi lo spagnolo Sergio Garcia, 34° con 296 (+8), Bubba Watson, 37° con 297 (+9), l’australiano Adam Scott, 42° con 299, Patrick Reed, l’inglese Ian Poulter e il tedesco Martin Kaymer, 49.i con 300 (+12), Keegan Bradley, 52° con 301 (+13), e il thailandese Thongchai Jaidee, 57° e ultimo con 307 (+19).
E’ andata anche peggio a coloro che sono usciti al taglio, caduto a 150 (+6): Phil Mickelson, 58° con 151 (+7), Zach Johnson e il sudafricano Charl Schwartzel, 63.i con 152 (+8), Rickie Fowler, Jason Dufner, il sudafricano Ernie Els, il nordirlandese Graeme McDowell e il fijiano Vijay Singh, 69.i con 153 (+9).
Jordan Spieth, come detto, a nove buche dal termine sembrava aver messo al sicuro il secondo Masters consecutivo non solo dall’alto dei cinque colpi di margine su Willett, ma anche per i sette giri di fila tutti al vertice, compresi i quattro del 2015. Peraltro quello che appariva come un pieno controllo era stato anche avallato dai quattro birdie consecutivi, dalla sesta alla nona buca, dopo il birdie e il bogey d’apertura, per un parziale di 32 (-4). Nel frattempo Willett si era portato in seconda posizione con due birdie e Dustin Johnson aveva cominciato a sprecare colpi sul green in quantità industriale, pur mantenendosi a galla (-1) rimediando a un doppio bogey con tre birdie.
In tre buche, però, quello che sembrava il Masters trionfale di Spieth si trasformava in un incubo. Bogey alla 10ª, bogey alla 11ª e palla in acqua alla 12ª (par 3), la seconda delle tre buche conosciute come "Amen Corner", ancora una volta rivelatesi decisive. Poteva rimanere lo stesso in gioco Spieth, ma incredibilmente mandava ancora la palla nel lago, poi la tirava troppo lunga e quando è andato a fare i conti ha assommato un "sette" che l’ha relegato al quarto posto con un "meno 1" proprio mentre Willett, che era avanti, infilava alla 14ª il secondo di due birdie consecutivi (totale di -4).
"Sapevo - ha detto poi Spieth - di avere un vantaggio di cinque colpi, quindi ho pensato che il par sarebbe stato un risultato sufficiente sulle buche successive per vincere e forse questo è stato l’errore più grave. Non ho avuto contraccolpi dai due bogey alla 10ª e alla 11ª, perché in fondo non mi avevano prodotto danni gravi e sono arrivato alla 12ª forse un po’ troppo rilassato. Non ho fatto quel respiro profondo che sarebbe stato necessario, non mi sono concentrato nel modo giusto sulla linea che dovevo dare alla palla e l’ho pagata cara".
Nel frattempo rinveniva anche Lee Westwood, che si metteva in condizioni di vincere finalmente il primo major, valore aggiunto ad una grande carriera, con un eagle alla 15ª, ma alla 16ª sbagliava tutto e il bogey (69, -3 con un eagle, quattro birdie, tre bogey) gli toglieva ogni chance soprattutto perché si abbinava al quinto birdie di Willett (67, -5 con cinque birdie), che in pratica ipotecava il titolo.
Dustin Johnson confermava di non essere in grado di gestirsi nell’ultimo giro di un major e si arrendeva alla buca 17 con un doppio bogey (71, -1 con cinque birdie e due doppi bogey). Non mollava invece Spieth, che con birdie alla 13ª e alla 15ª riproponeva la sua candidatura, ma alla 16ª mancava il putt che l’avrebbe portato a un colpo dal Willett e alla 17 ª con un bogey (73, +1) condivideva il secondo posto con Westwood.
In club house Danny Willett, che aveva seguito le ultime buche davanti alla TV, poteva dare finalmente dare sfogo alla sua gioia dopo aver riportato il trofeo in Europa a 17 anni dal successo dello spagnolo José Maria Olazabal (1999), mentre l’ultimo inglese a imporsi era stato Nick Faldo, al terzo titolo nel 1996 dopo quelli del 1989 e del 1990.
"Quanto mi sta accadendo - ha dichiarato il vincitore in sala stampa - è qualcosa di pazzesco, di surreale. Non riesco a descrivere le mie emozioni. Vincere un torneo è sempre un evento particolare, ma indossare la ‘giacca verde’ è qualcosa di eccezionale. E’ stata un’ottima settimana in cui ho sempre mantenuto un buon controllo mentale e nervoso. Non pensavo che il 67 finale potesse essere sufficiente, ma in realtà le cose sono cambiate così rapidamente che non mi sono quasi reso conto di quanto stava avvenendo. E’ fantastico essere il primo giocatore europeo a conquistare il Masters dopo tanti anni e soprattutto a seguire nell’albo d’oro un grandissimo connazionale quale è stato Nick Faldo".
Danny Willett, al secondo Masters (38° nel 2015), ha siglato quattro titoli nell’European Tour dove lo scorso anno si è classificato secondo nell’ordine di merito alle spalle di Rory McIlroy. Ha ricevuto un assegno di 1.800.000 dollari su un montepremi di 10.000.000 di dollari, che sono ben poca cosa rispetto a quanto gli renderà il successo d’ora in avanti sotto tutti gli aspetti, ed è salito al nono posto nel World ranking.
TERZA GIORNATA - Jordan Spieth, sia pure tra molte difficoltà, è rimasto ancora al comando con 213 colpi (66 74 73, -3) nell’80° Masters Tournament, primo major stagionale che si conclude con la disputa del quarto giro all’Augusta National GC (par 72) di Augusta in Georgia. Il 23enne texano di Dallas, numero due mondiale e campione uscente, ha fatto e disfatto il suo score sulla seconda metà del tracciato, prima portando a quattro colpi il vantaggio sugli inseguitori a due buche dal termine, poi ritrovandosene tra le mani uno solo su Smylie Kaufman (214 - 73 72 69, -2) e con un classifica che ha aperto la caccia al titolo a tanti interlocutori, perché ne ha lasciati tre (un bogey e un doppio bogey) tra gli alberi del mitico percorso voluto dall’altrettanto mitico Bobby Jones.
Kaufman, 25enne di Birmingham (Alabama) con un titolo conquistato in questa stagione (Shriners Hospitals for Children Open), unico a scendere sotto i 70 colpi (69, -3) in un turno ancora una volta disputato con il vento a farla da protagonista indesiderato, è stato la sorpresa, ma i titoli di copertina vanno sicuramente al tedesco Bernhard Langer, che a 58 anni avrà la possibilità di competere per la "giacca verde", simbolo del vincitore di Augusta, grazie a un ottimo 70 (-2) che l’ha proiettato dal 15° al terzo posto con 215 (-1) insieme al coriaceo giapponese Hideki Matsuyama, uno solido e che non arretra davanti a nulla.
La frenata di Spieth ha riaperto la porta all’australiano Jason Day, leader del World ranking, quinto con 216 (par) insieme con Dustin Johnson, che proverà a togliersi di dosso l’etichetta di giocatore incapace di gestire la pressione nel finale di un major, e con l’inglese Danny Willett.
Altro evento inatteso, tra le tante emozioni, il crollo del nordirlandese Rory McIlroy, terzo nella graduatoria mondiale, franato dalla seconda all’11ª posizione con 218 (+2) dopo un devastante 77 (+5) e rianimato in extremis proprio dalle disavventure di Spieth. E’ un po’ lontano e le previsioni meteo, ossia ancora vento anche se forse meno forte, lasciano pochi spazi all’eventualità di uno score miracoloso del quale avrà sicuramente bisogno.
Sparsi lungo la graduatoria altri concorrenti che avrebbero dovuto contribuire a scrivere la storia di questo Masters e che invece hanno proceduto a sprazzi. E’ il caso dell’inglese Justin Rose e dell’argentino Angel Cabrera, 13.i con 219 (+3), del sudafricano Louis Oosthuizen e dell’inglese Paul Casey, 16.i con 220 (+4), dell’australiano Adam Scott, 34° con 223 (+7), di Patrick Reed e di Keegan Bradley, 38.i con 224 (+8). Decisamente in ombra lo svedese Henrik Stenson e lo spagnolo Sergio Garcia, 43.e con 225 (+9), Bubba Watson, 48° con 226 (+10), il tedesco Martin Kaymer, 52° con 228 (+12), il thailandese Thongchai Jaidee e l’inglese Ian Poulter, 53.i con 229 (+13).
Jordan Spieth, che da sette giri è in vetta al Masters, compresi i quattro che lo hanno portato al titolo lo scorso anno, il massimo nella storia del major, ha siglato un 73 (+1) nato da un singolare mix di colpi sbagliati e prodezze. Due birdie e un bogey in uscita per un parziale di 35 (-1), poi una pazza altalena con un doppio bogey alla 11ª, tre birdie nelle successive quattro buche che sembravano aver messo in ghiaccio il titolo, quindi gli incubi sulle ultime due, come detto con bogey e doppio bogey.
"Mi sono espresso meglio di quanto non dica lo score - ha affermato - e ho ritrovato il feeling con i ferri che era stato il mio tallone d’Achille per metà gara. Il finale, però, è stato davvero amaro: avere un vantaggio di quattro colpi e poi ritrovarsi d’improvviso con uno solo è difficile da ingoiare. Sono in testa da 54 buche e se me lo avessero pronosticato all’inizio della settimana sarei stato più che felice, ma in questo momento i miei sentimenti sono piuttosto contrastanti. Non so che cosa sia successo nelle ultime due buche. Ho eseguito i due drive allo stesso modo degli altri precedenti, che erano andati bene, e invece sono venite fuori due palline tra gli alberi con le conseguenze che avete visto. Ora la situazione è veramente complicata". In caso di successo Spieth tornerebbe numero uno mondiale solo con Day classificato dopo il quinto posto, mentre l’aiuterebbe a infilare la giacca verde Bubba Watson, Masters Champion nel 2014.
Jason Day, abbastanza regolare nei punteggi, ha confezionato il 71 (-1) con quattro birdie e tre bogey. Ha parlato innanzi tutto di Langer, con cui ha giocato: "E’ stato impressionante quello che ha fatto vedere Bernhard e peraltro mi ha anche battuto. Conosce perfettamente quali sono i suoi punti di forza e di debolezza, sa sempre qual è il colpo giusto da eseguire. Un grandissimo che merita di lottare domani per il titolo, come faremo tutti del resto. Io mi sono imposto la pazienza, riducendo al minimo gli errori e senza mai forzare la ricerca del birdie, un atteggiamento che ha pagato rimettendomi in corsa".
Rory McIlroy, dopo aver segnato almeno un birdie negli ultimi 80 giri effettuati in gare major, ha visto la striscia interrompersi. Ha avuto una occasione abbastanza facile sull’ultima buca per proseguirla, però ha mancato anche quella dopo tre bogey e un doppio bogey. "E’ solo una giornata da dimenticare in fretta. In realtà sarei stato molto peggio moralmente se non avessi assistito a quanto è accaduto a Spieth, invece mi è almeno rimasta la consapevolezza di essere ancora in lotta per la vittoria. Domani dovrò adottare una tattica molto aggressiva, un po’ rischiosa, ma non ho niente da perdere". Il montepremi è di 10.000.000 di dollari, pari a quello di altri due prossimi major, l’US Open e il PGA Championship, e inferiore solo a quello del The Players Championship (12-15 maggio), il più ricco in assoluto con 10.500.000 dollari.
SECONDO GIRO - Jordan Spieth, numero due mondiale e campione uscente, ha mantenuto la leadership con 140 colpi (66 74, -4) nell’80° Masters Tournament, il primo major stagionale che si sta svolgendo sul percorso dell’Augusta National GC (par 72), ad Augusta in Georgia.
In una giornata dalle condizioni molto difficili per il forte vento si è portato dal nono al secondo posto con 141 (70 71, -3) il nordirlandese Rory McIlroy, numero tre del world ranking e uno dei soli quattro concorrenti capaci di scendere sotto par (parziale di 71, -1), fornendo al torneo ulteriori contenuti molto interessanti per le ultime 36 buche. Naturalmente, anche se al vertice ci sono due dei tre più attesi protagonisti, perché il terzo, l’australiano Jason Day, 15° con 145 (+1), almeno per ora è un po’ indietro, i giochi non sono certo chiusi.
Sono in corsa ancora in tanti, a iniziare da Scott Piercy e dal neozelandese Danny Lee, terzi con 142 (-2), per proseguire con Brandt Snedeker, con il danese Soren Kjeldsen e con il giapponese Hideki Matsuyama, che è apparso uno dei giocatori più determinati e in forma, quinti con 143 (-1). Hanno chances anche i classificati all’ottavo posto con 144 (par): Dustin Johnson, Daniel Berger, lo spagnolo Sergio Garcia, l’inglese Danny Willett, l’irlandese Shane Lowry, il thailandese Kiradech Aphibarnrat e il dilettante Bryson DeChambeau, vincitore dell’US Amateur, che sull’ultima buca ha perso la seconda posizione per un triplo bogey da inesperienza (72, par).
Anche se non sta esprimendo un gioco convincente Jason Day può ancora riproporsi, ma a questo punto dipenderà anche dal ritmo di chi lo precede. Hanno ceduto gli inglesi Paul Casey e Justin Rose, 23.i con 146 (+4) dopo un 77 (+5) realizzato da entrambi, e dovrà rassegnarsi a subire la tradizione negativa del "Par 3 Contest" Jimmy Walker, stesso score, il quale si affiancherà a tutti i vincitori della gara-spettacolo che anticipa il Masters sin dal 1960 e mai in "giacca verde" nello stesso anno. Irrimediabilmente staccati Keegan Bradley, l’inglese Ian Poulter e lo svedese Henrik Stenson, 33.i con 147 (+3), l’australiano Adam Scott e il thailandese Thongchai Jaidee, 42.i con 148 (+4), Patrick Reed, il tedesco Martin Kaymer e il sudafricano Louis Oosthuizen, 47.i con 149 (+5), e Bubba Watson, ultimo dei 57 rimasti in gara con 150 (+6).
Hanno lasciato la compagnia Phil Mickelson, 58° con 151 (+7), il sudafricano Charl Schwartzel, Zach Johnson e Tom Watson, 66 anni e applaudito per tutto il percorso, 63.i con 152 (+8), il deludentissimo Rickie Fowler, Jason Dufner, il sudafricano Ernie Els, il nordirlandese Graeme McDowell e il fijiano Vijay Singh, 69.i con 153 (+9).
Jordan Spieth, al terzo Masters in carriera (secondo nel 2014 alle spalle di Bubba Watson e, come detto, campione uscente), ha segnato per la prima volta su dieci giri un punteggio sopra par (74, +2). In vetta dopo il turno iniziale con un 66 (-6), è partito con due birdie, ma un doppio bogey alla quinta buca è stato l’antefatto di un cammino piuttosto sofferto, pure se proseguito sempre al comando. Dopo un terzo birdie all’8ª sono arrivati due bogey di fila. Il birdie alla 15ª lo ha riportato in par, con tre colpi di margine su McIlroy, ma altri due bogey (16ª e 17ª) hanno praticamente rimescolato tutte le carte.
"Oggi - ha detto al termine il 23 texano di Dallas - è stata veramente dura. La partenza, per la verità, è stata da sogno, poi però il vento, con le sue raffiche mutevoli, e le condizioni del campo che sono cambiate nel corso del pomeriggio mi hanno indotto a pensare che il par sarebbe stato un buon risultato. Non è avvenuto, ma a conti fatti sono ancora in testa. Domani dovremmo incontrare le stesse difficoltà, se non maggiori, e il modo migliore di affrontarle sarà di far finta che stia cominciando un nuovo torneo e provare a battere soprattutto il campo. Si, giocherò insieme a McIlroy. Abbiamo effettuato insieme le prime 36 buche nella scorsa stagione e sarà sicuramente un round molto divertente, ma non ci saremo solo noi. Io credo che chiunque tra i primi 23 in classifica, con una prestazione sopra le righe, possa emergere".
Rory McIlroy ha firmato lo score più basso insieme a Dustin Johnson, a Daniel Berger e a Troy Merritt (stessa posizione di Jason Day). Una prodezza se pensiamo che solo in dodici hanno ottenuto il 72 del par, mentre gli altri 73 contendenti sono andati sopra e molti anche abbondantemente. Il nordirlandese ha recuperato tre colpi a Spieth con parecchia sofferenza in avvio (due birdie, un doppio bogey e un bogey in sequenza dalla 2ª alla 5ª buca) e con un bel recupero nel finale con tre birdie nelle ultime sei buche dopo un altro bogey.
"I punteggi sono abbastanza eloquenti - il commento del quasi 27enne nordirlandese, che imponendosi nel Masters completerebbe il "grande slam" avendo già nel palmares gli altri tre major - per sottolineare le difficoltà odierne. Superate le prime nove buche con qualche danno, ma relativo se penso ai problemi che hanno creato, mi sono detto che avrei dovuto procedere pensando solo a salvare il par e a sfruttare i par cinque. Sono stato in grado di farlo e poi ho chiuso con un gran putt alla buca 16. Quello è stato un autentico bonus. Sono veramente contento perché mi trovo nella posizione ideale per affrontare gli ultimi due giri". Jason Day si è espresso con un 73 (+1) dopo due colpi guadagnati a metà strada (tre birdie e un bogey) e tre bogey nel resto del tracciato.Il montepremi è di 10.000.000 di dollari, pari a quello di altri due prossimi major, l’US Open e il PGA Championship, e inferiore solo a quello del The Players Championship (12-15 maggio), il più ricco in assoluto con 10.500.000 dollari.
PRIMO GIRO - Jordan Spieth, numero due mondiale e campione uscente, ha subito attaccato prendendo il comando con 66 (-6) colpi nell’80° Masters Tournament, il primo major stagionale iniziato sul percorso dell’Augusta National GC (par 72), ad Augusta in Georgia. Lo seguono a due colpi il neozelandese Danny Lee e l’irlandese Shane Lowry (68, -4) e a tre lo spagnolo Sergio Garcia, il danese Soren Kjeldsen e gli inglesi Justin Rose, Paul Casey e Ian Poulter (69, -3).
E’ al nono posto con 70 (-2) il nordirlandese Rory McIlroy, numero tre del World ranking, e accusa un ritardo già importante l’australiano Jason Day, leader mondiale, 21° con 72 (par) colpi insieme a Phil Mickelson, Zach Johnson, al sudafricano Louis Oosthuizen, allo svedese Henrik Stenson, al nordirlandese Graeme McDowell e al thailandese Thongchai Jaidee. Un colpo in meno per Jimmy Walker, 13° con 71 (-1), seguito con una certa curiosità perché vincitore del Par 3 Contest, la gara spettacolo che anticipa l’evento. Infatti dal 1960, ossia da quando è stata istituita, chi se l’è assicurata non ha mai vinto il major nello stesso anno, ma Walker ha detto chiaramente che non è superstizioso e che crede nelle sue possibilità e la partenza non è stata poi così male..
Si prospettano problemi invece per Dustin Johnson e per l’argentino Angel Cabrera, 34.i con 73 (+1), per Keegan Bradley e per il tedesco Martin Kaymer, 43.i con 74 (+2), e per Bubba Watson, 54° con 75 (+3). Potrebbe invece essere già finito, sotto l’aspetto della corsa al titolo, il Masters di Jason Dufner, Patrick Reed, dell’australiano Adam Scott e del sudafricano Charl Schwartzel, 59.i con 76 (+4), e lo è sicuramente per Rickie Fowler, 81° con 80 (+8), che rischia anche il taglio. Sempre amato dal pubblico, il 66enne Tom Watson ha espresso brani di classe, tenendo il passo di Kaymer e Bradley, mentre non sono riusciti a dare soddisfazioni ai tanti fans che ancora li sostengono, il sudafricano Ernie Els e il fijiano Vijay Singh, 81.i come Fowler.
Jordan Spieth è al terzo Masters in carriera. Nel 2014 è giunto secondo alle spalle di Bubba Watson, lo scorso anno ha indossato la "giacca verde" e ora è ripartito dalla testa inanellando il quinto turno consecutivo da leader. Complessivamente nei nove giri disputati è sceso di 29 colpi sotto par e nell’occasione ha ottenuto il 66 con sei birdie. E’ la seconda volta che completa le 18 buche senza bogey, la prima nel 2015 (stesso 66, round due).
"Per la verità - ha detto il 23enne di Dallas - oggi avrei firmato per uno score di due colpi sotto par senza nemmeno scendere in campo. Invece, malgrado le difficoltà proposte dalla giornata, ho colpito la palla molto bene, cosa che non mi era mai riuscita così nel corso della stagione. Ora sento che il gioco sta andando nella giusta direzione. Ho avuto un ottimo feeling con il putter e se riesco a ottenere miglioramenti con i ferri direi che la condizione diventa perfetta. Lo scorso anno avevo iniziato con un 64, ma credo che il giro odierno sia stato qualitativamente superiore anche se il punteggio è stato più alto. Forse uno dei miei più belli in assoluto".
Ha fatto parecchia altalena Rory McIlroy, che ha guadagnato due colpi al campo nella prima metà (tre birdie e un bogey) e ha percorso in par la seconda (un eagle, un birdie, tre bogey). "Non è stato facile - ha spiegato - giocare con il vento che quasi in ogni buca aveva direzione diversa. E’ stato difficile scegliere i bastoni, quindi è occorso soprattutto avere molta fiducia nel proprio swing e nelle intuizioni del momento e debbo dire che, tutto sommato, con questi concetti le cose hanno funzionato. Sono contento di quanto ho espresso e del punteggio. Forse potevo risparmiare un paio di colpi, ma essere al termine di una giornata difficile tra i top ten e a distanza recuperabile da Spieth è ben accettabile".
E’ partito molto forte Jason Day, che nelle prime nove buche con un eagle e tre birdie ha fatto meglio di Spieth (tre birdie), poi tutto è cambiato dopo un bogey alla 10ª. E’ sembrato riprende la strada giusta con un birdie alla 13ª, ma ha avuto un vero tracollo tra la 15ª e la 17ª con la sequenza-bogey-triplo bogey-bogey.
Il montepremi è di 10.000.000 di dollari, pari a quello di altri due major, l’US Open (16-19 giugno, Oakmont CC, Oakmont, Pennsylvania) e il PGA Championship (28-31 luglio, Baltusrol GC, Springfield, New Jersey) e inferiore solo a quello del The Players Championship (12-15 maggio, TPC Sawgrass, Ponte Vedra Beach, Florida), il più ricco in assoluto con 10.500.000 dollari.
PAR 3 CONTEST A JIMMY WALKER - La vigilia dell’80° Masters Tournament, il primo major stagionale, è stata dedicata sul percorso dell’Augusta National GC ad Augusta in Georgia, al tradizionale Par 3 Contest, la gara-festa che ha coinvolto giocatori, famigliari, campioni del passato e, naturalmente, tanto pubblico entusiasta e ripagato con colpi spettacolari e ben nove "buche in uno".
Ha vinto con 19 (-8) colpi Jimmy Walker, che ha stabilito il nuovo punteggio record superando il 20 (-7) realizzato nel lontano 1965 da Art Wall ed eguagliato nel 1973 da Gay Brewer. Al secondo posto con 22 (-5) Keegan Bradley e Craig Stadler e al quarto con 23 (-4) Brandt Snedeker, Paul Chaplet (am), Zach Johnson, Dustin Johnson e Harris English.
La classifica in un torneo di questo tipo, che si disputa dal 1960 sulle nove buche par 3 costruite nel 1958 dagli architetti George Cobb e Clifford Roberts, ha avuto peso relativo, ma come dicevamo lo spettacolo non è mancato a partire dalle nove "hole in one" - che hanno portato il totale complessivo nella storia dell’evento a 89 - con cui è stato stracciato il precedente primato di cinque ottenute lo scorso anno e nel 2002. Autori lo stesso Jimmy Walker, Andy Sullivan, Zach Johnson, David Lingmerth, Smylie Kaufman, Webb Simpson Justin Thomas, Rickie Fowler e Gary Player.
La prodezza di quest’ultimo, 80 anni e tre Masters nel suo palmares, ha scatenato il pubblico. Player, che giocava insieme a Jack Nicklaus e a Tom Watson, ha realizzato per la quarta volta l’ace in questo torneo ed è entrato nel libro dei record, perché nessuno era stato mai capace di segnarne più di tre.
Curioso quanto accaduto alla buca 4 dove Justin Thomas e Rickie Fowler sono andati a segno dal tee uno di seguito all’altro per la gioia dei fotografi che hanno immortalato l’insolita scena di due palline contemporaneamente nella buca. E quando Jordan Spieth, che giocava con loro, ha eseguito il suo colpo rimanendo un po’ corto è stato scherzosamente fischiato a testimonianza del clima di divertimento che ha caratterizzato l’evento.
Imporsi nel Par 3 Contest non è stato mai di buon auspicio. Infatti nessuno è poi riuscito a salire nello stesso anno sul gradino più alto del podio nel Masters.
Jimmy Walker, comunque, non si è fatto influenzare più di tanto dalla superstizione: "Penso di potercela fare. Indipendentemente dal risultato di oggi, sono in ottima condizione e nei giri di prova ho avuto belle sensazioni"
Comunque per la legge dei grandi numeri prima o poi qualcuno riuscirà a spezzare l’incantesimo, però un dato positivo c’è: infatti undici vincitori del Par 3 Contest hanno indossato la "giacca verde", segno distintivo del Masters Champion, in anni diversi.
Ora via al major che ha un montepremi è di 10.000.000 di dollari, pari a quello di altri due prossimi major, l’US Open e il PGA Championship, e inferiore solo a quello del The Players Championship (12-15 maggio), il più ricco in assoluto con 10.500.000 dollari.
LA VIGILIA - In attesa che Jim Herman e l’australiano Steven Bowditch salgano sul tee di partenza dell’Augusta National GC, ad Augusta in Georgia, per dare il via domani, giovedì 7 aprile, all’80ª edizione del Masters Tournament, il primo major stagionale, si consumano gli ultimi giri di pratica e si spazia nel variegato mondo delle previsioni dei tecnici e delle buone intenzioni dei protagonisti.
Jason Day, appena tornato leader del World Ranking grazie a due successi consecutivi (Arnold Palmer Invitational e WGC Dell Match Play), si sta prendendo buona parte della scena. Ha vinto sei delle ultime tredici gare a cui ha preso parte e, a più riprese, si è alternato con Jordan Spieth sul trono mondiale, in una altalena che sicuramente è lungi dal fermarsi. I due sono considerati i più probabili candidati alla "giacca verde" - che sarà indossata dal vincitore - insieme al nordirlandese Rory McIlroy e all’australiano Adam Scott, ma il realtà si avverte la tendenza ad accreditare Day di qualcosa in più.
L’australiano, però, veste i panni del pompiere: "Suscita una certa emozione trovarsi ad Augusta come numero uno al mondo. Ad essere onesti, però, non credo di essere il favorito, perché ci sono tanti altri concorrenti in grado di vincere e, in particolare, mi riferisco a Spieth, a McIlroy e a Stenson, che stanno andando veramente bene, e anche a Mickelson, che su questo percorso si trova a suo agio. In fondo tale situazione è comunque un bene per lo spettacolo. I problemi alla schiena? Praticamente me li porto dietro da quando avevo tredici anni. Ogni tanto si affacciano dolori, come mi è successo nell’ultima gara, il WGC Dell Match Play, poi passano e magari tornano quando meno te lo aspetti. Ci debbo convivere, ma se chiedete in giro vi accorgerete che è qualcosa che riguarda buona parte dei giocatori".
Jordan Spieth, campione uscente, iniziato l’anno con un successo (Tournament of Champions), ha poi perso smalto fino a subire il sorpasso di Day. In sostanza si nutre qualche perplessità sul suo conto, ma il 23enne di Dallas, invece, appare piuttosto sicuro e tranquillo: "E’ bello - ha detto - essere nuovamente qui dove l’anno corso ho vissuto momenti meravigliosi, ma indipendentemente da questo l’Augusta National ha comunque un fascino particolare. Come mi sento? Alla vigilia le cose vanno sempre bene: si percepisce fiducia, buona condizione, ma il difficile viene quando tutto ciò si deve portare sul campo. L’anno scorso sono arrivato con grandi aspettative, facendo leva sul secondo posto ottenuto nel 2014. Questa volta, a parte il titolo da difendere, ho anche l’esperienza di due major vinti. La tensione, comunque, non è diversa, ma non si può certo affrontare un impegno del genere senza sentirla".
Differente l’approccio di Rory McIlory, numero tre mondiale smanioso di riprendersi quel primo posto nel ranking che per un certo tempo era sembrato al limite dell’inattaccabile. Nel giro di pratica di lunedì ha realizzato anche una "buca in uno" (alla 16ª, par 3, yards 170, ferro 7) facendo impazzire il pubblico che lo seguiva. "Ho avuto belle sensazioni - ha spiegato - dal mio gioco durante le prove. Il campo, che ho trovato in condizioni splendide, non ha subito praticamente mutamenti dallo scorso anno ed è il motivo per cui non ho ritenuto necessario venirlo a visitare prima. In questi giorni l’ho affrontato abbastanza rilassato, non sono andato a cercare colpi particolari e ho fatto il giusto, quello che occorreva. Generalmente, quando riesco a mantenere tale atteggiamento, poi esprimo nel torneo il gioco migliore. Naturalmente non vedo l’ora che inizi il Masters, ma mi ci sto avvicinando in maniera adeguata così da avere la carica necessaria quando occorrerà".
Saranno al via 89 concorrenti provenienti da 24 nazioni, compresi 28 vincitori di major (16 Masters champions) e dieci giocatori che in epoche diverse sono stati numero uno mondiale. Saranno 38 i membri dell’European Tour. Per il secondo anno consecutivo non saranno presenti italiani, dopo che dal 2010 al 2014 ne erano scesi in campo almeno due con Francesco Molinari sempre presente.
Come ha detto anche Jason Day, la rosa dei possibili vincitori è molto ampia. Oltre al quartetto citato e allo svedese Henrik Stenson e a Phil Mickelson, indicati dallo stesso australiano, vanno ricordati anche Bubba Watson (due Masters nel 2012 e 2014), Rickie Fowler, Dustin Johnson, Zach Johnson, Patrick Reed, il sudafricano Charl Schwartzel, il tedesco Martin Kaymer, lo spagnolo Sergio Garcia e l’inglese Justin Rose.
Non tutti attraversano un buon momento, ma possono mandare all’aria ogni previsione ottimi elementi che in questo caso sembrano più appropriati per il ruolo di outsiders; Keegan Bradley, Jason Dufner, Matt Kuchar, il sudafricano Louis Oosthuizen, il giapponese Hideki Matsuyama, il nordirlandese Graeme McDowell, l’australiano Marc Leishman e il thailandese Thongchai Jaidee.
Nel primo giro Jim Herman e Steven Bowditch apriranno il Masters alle ore 8.20 locali (sei ore di differenza con l’Italia). Altre partenze, ore 9,48: Jordan Spieth, Paul Casey, Bryson DeChambeau (dilettante, vincitore US Amateur); ore 10,43: Phil Mickelson, Marc Leishman, Henrik Stenson; ore 11,05: Adam Scott, Kevin Kisner, Brooks Koepka; ore 13,06: Jason Day, Matt Kuchar, Ernie Els; ore 14,01: Martin Kaymer, Bill Haas, Rory McIlroy.
Il montepremi è di 10.000.000 di dollari, pari a quello di altri due prossimi major, l’US Open e il PGA Championship, e inferiore solo a quello del The Players Championship (12-15 maggio), il più ricco in assoluto con 10.500.000 dollari.
LA PRATICA - E’ ai nastri di partenza l’80ª edizione del Masters Tournament (7-10 aprile), il primo major stagionale che si svolgerà nella splendida cornice dell’Augusta National GC, il campo voluto dal mitico Bobby Jones ad Augusta in Georgia. Per il secondo anno consecutivo non saranno presenti giocatori italiani, dopo che dal 2010 al 2014 ne erano scesi in campo almeno due con Francesco Molinari sempre presente.
Farà da prologo al Masters il tradizionale Par 3 Contest (6 aprile), a metà tra gara e festa. L’evento non ha una buona fama: infatti da quanto è stato istituito (1960) nessun vincitore è mai riuscito a centrare il major nella stessa settimana. A vederla in maniera positiva è, però, vero che qualcuno lo ha fatto in anni diversi.
Difende il titolo Jordan Spieth, sceso da un paio di settimane al secondo posto della classifica mondiale, superato dall’australiano Jason Day grazie a due vittorie consecutive e di pregio (Arnold Palmer Invitational e WGC Dell Match Play). Sono due dei quattro giocatori che più ricorrono nelle previsioni della vigilia insieme al nordirlandese Rory McIlroy, numero tre del World Ranking, e all’altro australiano Adam Scott, numero 7, anch’egli in grande spolvero e con due titoli consecutivi conquistati a cavallo tra febbraio e marzo e altrettanto di valore (Honda Classic e WGC Cadillac Championship), anticipati da un secondo posto nel Northern Open.
In questo torneo Scott è stato battuto da Bubba Watson, che nelle considerazione è appena un gradino sotto, sia perché in buona forma, sia per i due Masters già al suo attivo (2012-2014) e anche per un possibile ricorso storico visto che sembra vincerne uno ogni due anni. Nella lista vanno accanto a Watson anche Rickie Fowler, Dustin Johnson, Patrick Reed, Phil Mickelson, che magari non ha la stessa loro condizione però vanta le credenziali di tre Masters conquistati, lo svedese Henrik Stenson e il sudafricano Charl Schwartzel, anch’egli vincitore stagionale sia nel PGA Tour (un titolo) che nell’European Tour (due). In una terza fascia di favoriti Zach Johnson, Keegan Bradley, lo spagnolo Sergio Garcia, il tedesco Martin Kaymer e l’inglese Justin Rose, tutti però poco brillanti fino ad ora.
Non mancano gli outsiders, o meglio forse dire i "guastatori" capaci di scompaginare i piani di tutti: ci riferiamo a Jason Dufner, Matt Kuchar, al sudafricano Louis Oosthuizen, al giapponese Hideki Matsuyama, al nordirlandese Graeme McDowell, all’australiano Marc Leishman e al thailandese Thongchai Jaidee. Non saranno in grado di vincere, ma avranno seguito e sostegno dal pubblico, Tom Watson, 66 anni, l’argentino Angel Cabrera, il fijiano Vijay Singh, l’inglese Lee Westwood, il tedesco Bernhard Langer e lo scozzese Sandy Lyle che a 58 anni disputerà per la 35ª volta il Masters (suo nel 1988), la 32ª consecutiva.
Alla gara prenderanno parte 89 concorrenti in rappresentanza di 24 nazioni, compresi 28 vincitori di major (16 Masters champions) e dieci giocatori che in epoche diverse sono stati numero uno mondiale. Saranno 38 i membri dell’European Tour. Il montepremi è di 10.000.000 di dollari, pari a quello di altri due major, l’US Open (16-19 giugno, Oakmont CC, Oakmont, Pennsylvania) e il PGA Championship (28-31 luglio, Baltusrol GC, Springfield, New Jersey) e inferiore solo a quello del The Players Championship (12-15 maggio, TPC Sawgrass, Ponte Vedra Beach, Florida), il più ricco in assoluto con 10.500.000 dollari.
Buca in uno di McIlroy - Rory McIlroy ha iniziato la settimana con il botto. Infatti nel corso del giro di pratica di lunedì 4 aprile ha realizzato una "hole in one" centrando dal tee la buca 16 (par 3, yards 170.) utilizzando un ferro 7. "Non credo di aver mai sentito un boato simile durante un turno di prova" ha detto il nordirlandese, che poi ha aggiunto: "Il gioco è stato soddisfacente e la hole in one il punto culminante". Chris Wood, che giocava insieme a lui, ha commentato: "E’ stato un momento unico, anche un po’ folle con quelle grida. ed estremamente divertente". A McIlroy manca solo il Masters per completare il "grande slam" avendo già vinto gli altri tre major (US Open, 2011, Open Championship, 2014, due US PGA Championship, 2012, 2014). Aveva avuto l’occasione di conquistarlo giovanissimo nel 2011, ma gettò al vento con un 80 finale un successo che sembrava scontato dopo tre giri.
Felicità Herman - E’ entrato nel field all’ultimo momento Jim Herman, 39enne di Cincinnati (Ohio), grazie al successo nello Houston Open, il primo in carriera. "E’ bello essere ad Augusta. Ventiquattro ore fa non lo pensavo nemmeno, poi nel Texas in diciotto buche tutto è cambiato: sono riuscito a battere giocatori di valore mondiale e ne sono estremamente orgoglioso. Ho trascorso la carriera tra Web.com Tour e PGA Tour e ho sognato tutta la vita di poter disputare questo torneo ed ora tale sogno si è avverato. E’ già tanto, ma adesso voglio fare qualcosa di buono. Quando gioco riesco a mantenere una certa calma e spero che accada anche qui". Non è certo tra i favoriti e nel caso avrebbe anche la cabala sfavorevole: intatti nella storia del Masters solamente cinque giocatori hanno acquisito il titolo dopo essersi imposti nella settimana precedente. L’ultimo è stato Phil Mickelson il quale nel 2006 conquistò il secondo dei suoi tre Masters dopo aver sbancato sette giorni prima il BellShouth Classic.
Le speranze di Stenson - Abbastanza carico lo svedese Henrik Stenson. "La scorsa settimana prima di andare in Texas - ha detto - sono venuto qui e ho giocato le 18 buche in condizioni sicuramente diverse da oggi, senza pubblico e con tanta serenità. Mi hanno fatto bene perché poi ho trovato un buon feeling ad Humble anche se mi è mancata la vittoria per un colpo. Sto attraversando un ottimo periodo e ora arriva la parte più impegnativa, e anche bella, della stagione: con il mio gioco che sta andando nella giusta direzione credo di avere il morale giusto e la condizione idonea per pensare a un successo".
Il Masters su Sky - Il Masters sarà teletrasmesso in diretta, in esclusiva e in alta definizione da Sky sul canale Sky Sport 2 HD ai seguenti orari: mercoledì 6 aprile, dalle ore 21 alle ore 23 (Par 3 Contest); giovedì 7 e venerdì 8, dalle ore 21 alle ore 1,30; sabato 9 dalle ore 21 alle ore 1; domenica 10, dalle ore 20 alle ore 1. Repliche: prima giornata: venerdì 8 aprile alle ore 7,30 e alle ore 16,30 (Sky Sport 2 HD); seconda giornata: sabato 9, alle ore 7,30 (Sky Sport 2 HD) e alle ore 19,15 (Sky Sport 3 HD); terza giornata: domenica 10, alle ore 7,30 (Sky Sport 2 HD); lunedì 11, alle ore 7,30 (Sky Sport 2 HD), alle ore 14 e alle ore 21 (Sky Sport Plus HD). Commento di Silvio Grappasonni, Nicola Pomponi, Massimo Scarpa, Roberto Zappa e di Donato Di Ponziano. Commento Par 3 Contest di Silvio Grappasonni e di Nicola Pomponi.
Sembra ieri, ma sono già passati cinque anni da quando si sono festeggiati i primi cinquant’anni dell’Olgiata Golf Club. Mesi e mesi di riunioni, preparazioni, ottime idee e altre campate in aria, proposte stupende o indecenti, contatti, internet, telefono. Poi è tutto finito con l’ultima giornata sui megaschermi installati in punti strategici della club house dove sono scorse le immagini del passato e del presente del circolo.
L’inaugurazione del campo e la sfida tra il grande Ugo Grappasonni e Ken Venturi, che pochi mesi dopo andò a conquistare l’U.S. Open. Ugo vinse, così come l’Olgiata negli anni successivi vinse ospitando l’Eisenhower Trophy, la Dunhill Cup, il Valextra Classic, due Coppe del Mondo, due Open d’Italia, e molte altre gare di livello internazionale e nazionale come tutt’oggi avviene.
Ed ecco ancora l’Olgiata nelle vecchie foto trovate in soffitta, 27 buche quasi spoglie di alberi, ma che mostrano già tutta la loro bellezza e la grande qualità tecnica.
Si vedono swing oramai fuori corso, abiti oggi considerati eccentrici, molti soci si riconoscono bambini e appaiono parecchi volti di coloro che non sono più presenti.
Ed avanti ancora negli anni fino all’ultimo Open d’Italia del 2002. Molto è cambiato, gli alberi sono cresciuti, il campo ha subito già qualche restyling, alcuni volti mostrano i segni dell’età, i ragazzi di allora sono diventati padri e nonni, sono i "vecchi" del circolo ma insieme a loro ci sono nuovi ragazzi entrati in scena e un domani chissà...
Cinquant’anni di giornate intense queste, sia per l’attività sportiva che per la vita sociale. Poi il momento topico di ogni ricorrenza, il tempo ufficiale dedicato al ricordo. Prende la parola il Presidente del circolo, Andrea Pischiutta, uno dei ragazzi che appariva nei filmati storici, uno dei protagonisti di questi cinquant’anni dell’Olgiata e forse proprio per questo improvvisamente scende il silenzio. Alle sue spalle continuano a scorrere le immagini del circolo e dei suoi Presidenti: Mario Croce che può senz’altro essere considerato il Rifondatore dell’Olgiata Golf Club, il primo vero Presidente del Circolo Sportivo, la molla del suo iniziale successo. Ed ecco Teseo Sirolli Mendaro, grande Presidente anche lui, continuatore, seppur con qualche variante, della politica avviata dai Consigli precedenti, fautore e sostenitore di molte attività sociali e sportive che sono culminate con l’ospitalità e il successo dell’Open d’Italia del 2002.
La celebrazione è finita, l’Olgiata Golf Club però non si è fermato. Ha fatto altri grandi passi e ha portato a termine un restyling che ha inciso profondamente sul disegno originario del percorso. E’ stata aumentata la lunghezza delle buche, sono stati creati nuovi ostacoli d’acqua riposizionati molti bunkers e, in un periodo difficile, ha saputo sollevarsi e affrontare nuove sfide fino a raggiungere la posizione che si merita, tra i primi cento campi da golf del mondo su circa 40.000 impianti selezionati, primo percorso in Italia.
E la storia continua...
La storia del Masters, ufficialmente iniziata nel 1934, forse si dovrebbe retrodatare di otto anni, perché senza l’uragano che investì la Florida nel settembre del 1926 gli eventi avrebbero preso sicuramente una strada diversa, magari senza neanche partire da Augusta. Ma andiamo con ordine.
L’Augusta National rappresenta la realizzazione di un sogno di Robert Tyre Jones, detto Bobby, uno dei più grandi giocatori di tutti i tempi. Voleva fondare un circolo dove le tradizioni del gioco, alle quali era profondamente attaccato, fossero non solo osservate ma anche tramandate, ma desiderava anche un club in cui poter giocare insieme agli amici in un ambiente tranquillo, lontano dagli sguardi degli spettatori. Questa idea se l’era portata dietro per tutta la carriera da giocatore e, nel 1930, quando si ritirò dall’attività agonistica ad appena 28 anni, decise che era il momento di portarla a compimento.
In quell’anno Jones aveva compiuto la più straordinaria impresa golfistica che si potesse immaginare: vincere i quattro major dell’epoca, diversi da quelli attuali. Erano l’U.S. Open, l’Open britannico e i due relativi campionati dilettanti. Un giornalista per sintetizzare l’impresa, rubò al bridge il termine di "grande slam", che poi è rimasto nella terminologia golfistica. Alla fine di quella stagione Jones annunciò il suo ritiro "perché non aveva più stimoli" avendo raggiunto tutti i traguardi che si era prefissati.
Colse di sorpresa i suoi fans, ma non chi gli era più vicino. Aveva già manifestato le sue intenzioni e la quarterna nei major gli offrì soltanto una scusa plausibile. Jones, all’apparenza un freddo calcolatore quasi una macchina nel distruggere i propri avversari, in realtà soffriva molto la pressione. Durante la gara, ad esempio, non riusciva ad allacciare i bottoni della camicia e quando i tornei erano molto importanti non toccava addirittura cibo.
Era giunto dunque il momento di liberarsi del fardello e di poter giocare a golf senza la presenza continua di suoi tifosi o di semplici appassionati, che continuarono a seguirlo a schiere ogni volta che scendeva in campo, anche dopo il ritiro.
Qualche anno prima aveva conosciuto un finanziere di New York, Clifford Roberts, al quale aveva parlato del suo progetto. Questi ne era rimasto entusiasta e, appena Jones lo richiamò per passare dalla teoria alla pratica, fu ben felice di collaborare. Divenne poi il primo direttore del club, carica che ricoprì fino al 1976.
Roberts, in una riunione con Jones durata non più di dieci minuti e tenuta poco dopo l’annuncio ufficiale del ritiro, si fece carico di tutti i problemi finanziari. Suggerì, inoltre, di scegliere come località Augusta, purché si fosse trovato un terreno adatto. Sfondò una porta aperta, in quanto a Jones la cosa non poteva che far piacere: infatti nella città del cotone andava spesso a giocare d’inverno, per questioni climatiche, sobbarcandosi volentieri i circa trecento chilometri di strada che la separavano dalla natìa Atlanta, dove il freddo si faceva sentire.
Un amico comune, Thomas Barrett, consigliò loro di visitare una proprietà di circa centocinquanta ettari, rimasta quasi abbandonata dopo la morte dei proprietari.
Fruitlands Nurseries, così si chiamava la proprietà, apparteneva agli indigeni ed era stata acquistata nel 1857 da un nobile belga, il Barone Louis Mathieu Edouaerd Bercksman il cui hobby era l'orticoltura. Insieme a figlio Prosper Julius Alphonse, agronomo, importarono una grande quantità di piante sconosciute o poco diffuse negli Stati Uniti, le fecero ambientare e poi le commercializzarono in tutto il Sud. In breve tempo, crearono il più importante vivaio specializzato della Georgia e degli stati vicini.
Oggi questo assortimento di piante rare costituisce l’invidiatissimo patrimonio arboreo dell’Augusta National, compresa la doppia fila di magnolie piantate prima della guerra civile, che portano alla club house, e le azalee. Il Barone Bercksman scomparve nel 1883, il figlio nel 1910 e l’attività praticamente cessò nel 1918.
Jones visitò la tenuta verso la fine del 1930 e ne rimase affascinato. Osservando la vegetazione lussureggiante e l’andamento del terreno dal luogo ove oggi c’è il putting green, esclamò: "E’ l’ideale. Questo terreno è rimasto abbandonato per tanti anni soltanto perché aspettava che qualcuno venisse a costruirci sopra un campo da golf".
L’acquisto della piantagione fu rapidamente perfezionato e fu deciso anche di dare al futuro circolo il nome di Augusta National, ma tutto ciò probabilmente non sarebbe mai avvenuto senza l’uragano di cui dicevamo o forse è meglio dire senza l’intervento della natura.
Alcuni anni prima il Commodoro Perry Stoltz era proprietario di un grande albergo di Miami Beach, il Fleetwood Hotel, che considerava il primo anello di una sua futura catena alberghiera. Così aveva scelto proprio la Fruitland Nurseries per creare un secondo Fleetwood Hotel, con un progetto che prevedeva anche un campo da golf di diciotto buche.
Affascinato anch’egli dal luogo, Stoltz nei primi mesi del 1926 era andato addirittura ad abitare nell’antica dimora coloniale, che avrebbe tuttavia demolito quando fosse entrato in funzione l’hotel. Diede anche inizio ai lavori di sbancamento del terreno, ma evidentemente a Madre Natura quelle soluzione non piaceva e intervenne a suo modo. Doloroso, come fa sempre quando si ribella ai soprusi degli uomini. A settembre un violento uragano, uno dei peggiori della storia, colpì il sud della Florida: andarono distrutti migliaia di edifici, tra i quali anche il Fleetwood Hotel. Così Stoltz fu costretto a dichiarare bancarotta e dovette abbandonare il progetto.
In tal modo, dunque, cambiò il destino di una località che probabilmente senza quell’uragano non sarebbe mai divenuta così famosa. Inoltre la dimora coloniale, che Stoltz voleva abbattere, è rimasta come patrimonio storico e costituisce il nucleo della club house dell’Augusta National.
Per la progettazione del campo Jones si rivolse al dottor Alister Mackenzie, un medico scozzese che aveva lasciato la professione per dedicarsi a tempo pieno alla costruzione dei campi. Era noto in Irlanda, in Nuova Zelanda e in Australia, mentre negli Stati Uniti aveva disegnato due soli percorsi, il Pasatiempo e il Cypress Point. Jones aveva giocato alcune volte, un paio d’anni prima proprio sul Cypress Point, nella penisola di Monterey in California e ne era rimasto entusiasta.
I due, tra l’altro, erano in perfetta sintonia su alcuni concetti di costruzione: evitare ostacoli di aspetto eccessivamente artificiale come i bunkers, favorire quelli naturali quali ruscelli, ondulazioni del terreno e dossi erbosi, evitare un rough eccessivamente punitivo. L’obiettivo era quello di ottenere un percorso che permettesse a tutti i giocatori di divertirsi, indipendentemente dal livello di abilità. E in un’epoca in cui ogni campo prevedeva almeno di un centinaio di bunkers, l’Augusta National ne presentò soltanto ventinove. Non mancarono discussioni e polemiche, ma alla fine ebbero ragione Joens e Mackenzie, perché si determinò una controtendenza e i bunkers nei nuovi tracciati si ridussero sensibilmente.
I lavori iniziarono nel 1932 e furono terminati l’anno dopo. Il percorso fu inaugurato nel dicembre del 1932, riservato a pochi soci, ma Alister Mackenzie non potè vedere la sua opera, poiché scomparve qualche mese prima. L’apertura ufficiale avvenne nel gennaio 1933, ma solo con la fioritura primaverile l’Augusta National rivelò la sua stupenda coreografia. Tracciato eccellente, naturalmente, anche sotto l’aspetto tecnico tanto che Jones ebbe a dire: "Non c’è nessuna buca dove, giocando con giudizio, non si possa ottenere il birdie, ma non ne esiste nessuna dove non si rischi il doppio bogey, non usando il cervello".
IL PRIMO MASTERS
Creato il campo, si pensò di ospitare un grande evento a partire dal 1934. Inizialmente si pensò all’Open degli Stati Uniti, ma sarebbe stato itinerante e non era nei piani di Jones e Roberts, i quali andarono a New York per discutere dell’argomento con un altro socio, W. Alton Jones. Alla fine della riunione si decise per un torneo a inviti riservati a grandi giocatori, da disputare ogni anno a primavera. Roberts propose di chiamarlo "The Masters", ma Bobby Jones si oppose ritenendo che nel nome ci fosse un peccato di presunzione. Si optò per "Augusta National Invitation Tournament", dizione che rimase fino al 1938 quando divenne l’attuale "The Masters Tournament". Jones fu costretto ad accettare, perché in sostanza la stampa aveva già battezzato così il torneo sin dall’inizio. E, sebbene non vi siano testimonianze dirette, è pressoché certo che fu lo stesso Roberts a intervenire sui giornalisti perché prevalesse la sua idea originaria.
Quando partirono i primi inviti Bobby Jones non pensava neanche lontanamente a una sua partecipazione, tuttavia la pressione dei soci e, soprattutto, degli sponsor lo costrinsero a scendere in campo. Si classificò al 13° posto.
La stampa enfatizzò l’evento con articoli entusiastici: colpì in particolare l’atmosfera, dalla partecipazione (Jones volle tutti i più celebrati campioni del momento) e dal percorso fiorito.
Uno dei giornalisti presenti più noti fu Grantland Rice, inviato di "The America Golfer", rivista specializzata che cessò le pubblicazioni nel 1936 per problemi economici. Fu una delle migliori in assoluto alla quale collaborarono anche giocatori famosi come lo stesso Jones, Ted Ray, Tommy Harmour e Walter Hagen.
"L’opinione generale è che Bobby Jones e Augusta abbiano dato inizio a un evento che si tramuterà in uno tra i più grandi della storia del golf. Sicuramente la prossima edizione sarà superiore per interesse e per sensazioni emotive". Questa è la frase con la quale Rice concluse l’ultimo dei suoi servizi da Augusta, ma su tale concetto improntò praticamente tutte le sue corrispondenze.
"Su una cosa si può scommettere: il torneo annuale dell’Augusta National si avvia a divenire uno dei più grandi appuntamenti golfistici" scrisse in uno dei primi interventi, elencando poi una serie di motivi a sostegno di questa tesi, impressionato innanzi tutto dallo scenario e dall’incredibile partecipazione di pubblico. I parcheggi ospitarono auto provenienti da ben trentotto Stati dell’Unione e persino dal Canada.
Probabilmente fu proprio la presenza di Jones a scatenare tanto entusiasmo, al ritorno sui fairways dopo quattro anni di assenza, tanto che i grandi campioni invitati si trasformarono inevitabilmente in comprimari. Non era pensabile che potesse vincere, mancando del ritmo di gara e dell’allenamento costante, tuttavia incantò per la sua classe ancora immensa.
Rice raccontò di un Walter Hagen che colpiva la palla come mai aveva fatto fino a quel momento e di un Jones impareggiabile sul green.
Furono tanti i fans che si recarono ad Augusta convinti di vederlo addirittura primeggiare, ma Rice spiegò: "Le speranze di vedere Jones vincente non erano fondate sul piano tecnico, ma più che comprensibili su quello umano".
Non aggiunse commenti sulla prestazione di Jones, ma si limitò a riportare la convinzione dei suoi sostenitori pronti a scommettere su una sua vittoria l’anno successivo, con dodici mesi a disposizione per allenarsi. Ma quel tredicesimo posto, alla pari proprio con Hagen, sarebbe rimasto il miglior risultato conseguito da Bobby Jones in nove partecipazioni.
Vinse Horton Smith che non immaginò, quel giorno, di aver firmato un major. Mise a segno il colpo vincente alla buca 17, con un putt di quattro metri. L’anno successivo quella buca divenne la numero otto, perché fu invertito l’ordine di gioco dei due gruppi di nove buche, decisione ancora in vigore.
Rice descrisse colpi eccezionali, come quello con cui Craig Wood imbucò dalla distanza facendo passare la pallina tra i pini. Pose l’accento sulla "hole in one" che Ross Somerville conseguì alla 7ª buca, ma anche sugli errori di Ed Dudley che fallì otto occasioni da birdie sugli ultimi nove green.
Il cronista assegnò praticamente un dieci al percorso "che richiede una certa versatilità di gioco e varietà di colpi. In particolare occorrevano tiri lunghi e spettacolari nei par cinque per raggiungere il green", senza dimenticare l’aspetto coreografico "Come scenario il tracciato si è mantenuto in par".
Il Masters, comunque, decollò più rapidamente di quanto credesse Grantland Rice. Merito delle prodezze dei suoi protagonisti e di quell’alone di leggenda che si creava attorno a loro e ai loro colpi, descritti soltanto sulla carta stampata, con ampia facoltà all’immaginazione di rielaborarli.
E un tiro, entrato nella storia del golf, fece da enorme cassa di risonanza già nella seconda edizione. Lo realizzò nell’ultimo giro Gene Sarazen alla buca 15, par 5, mettendo a segno la pallina alla distanza di 220 yards, utilizzando un legno 4. Con l’albatross ecuperò tutti insieme i tre colpi di ritardo che aveva da Craig Wood (che non vinse mai il torneo malgrado ottime performances) e poi lo superò il giorno dopo nello spareggio sulla distanza di 36 buche.
Nicola Montanaro
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Carlo Scatena, presidente del Comitato Regionale Lazio della FIG, ha belle aspettative per il 2016, ma preferisce parlarne partendo da quanto ha detto il 2015.
"E’ stato un anno di grandi successi per i nostri atleti, a cui si sono uniti tanti ottimi piazzamenti e rientri nella prima categoria nei campionati a squadre, quella che si chiamava un tempo A1. Voglio citare le vittorie in importantissimi tornei di tre ragazze che possiamo definire decisamente delle belle promesse: parlo di Alessandra Fanali, Andreina Pupa D’Angelo e Maria Vittoria Corbi. L’obiettivo è ora di proseguire con questo trend positivo e abbiamo piena fiducia di vedere emergere ancora i nostri ragazzi.. Da anni stiamo lavorando sui giovani e, nonostante la popolazione golfistica della nostra regione abbia numeri più bassi rispetto a quella di altre del nord, abbiamo un gruppo che è costantemente tra i primi della classe. Aver vinto per due anni consecutivi il Trofeo Nazionale dell’Attività Giovanile non è un caso, ma credo che sia in particolare l’entusiasmo, la tecnica e l’organizzazione della nostra ‘squadra’ i fattori che fanno la differenza".
- Il 2015, oltre alle vittorie sportive, ci ha portato anche la Ryder Cup 2022.
"Sappiamo tutti che questo autentico trionfo è nato dalla sinergia tra FIG, CONI e Governo, ma soprattutto è merito del Presidente Franco Chimenti. Certamente siamo al centro di tale evento e, visto che il 2022 arriverà in un attimo, dobbiamo lavorare per lasciare sul territorio risultati duraturi: incremento del turismo, aumento dei golfisti, miglioramento dei percorsi romani e quanto altro".
- Il turismo golfistico, in particolare, è un settore poco sfruttato...
"Oggi il Lazio non ha flussi adeguati alle possibilità. Pensiamo al clima che permette di giocare dodici mesi l’anno, alle ottime strutture ricettive e alla possibilità di associare storia, cultura, arte e gastronomia, insieme alle incomparabili bellezze di Roma, Ricordiamoci che in città, e attorno a essa, abbiamo più di venti campi da golf, tutti di gran livello.
Dobbiamo intervenire, con l’aiuto delle Amministrazioni Pubbliche e di tutti gli operatori del settore. Non dimentichiamo che il golf è lo sport più praticato del mondo con circa 63 milioni di giocatori dei quali circa dieci milioni sono itineranti. Un potenziale da non sottovalutare, soprattutto pensando che spesso il turista/giocatore si sposta con un accompagnatore al quale Roma può offrire la sua unicità, impossibile da battere per qualsiasi destinazione esotica e non"
- Quali sono i vostri piani?
"Il Lazio ha costituito da tempo un Consorzio per lo sviluppo del turismo golfistico, ora questa struttura dovrà essere posta al centro dei nostri progetti, che ovviamente non possono prescindere dalla collaborazione con le Amministrazioni Pubbliche.
Già nel mese di gennaio il Consiglio Regionale del Lazio ha deliberato un importante stanziamento di 500.000 euro per gli anni 2016, 2017 e 2018 al fine di dedicare energie alla diffusione della pratica golfistica e alla promozione del distretto turistico golfistico regionale. Ovviamente a questo importante segnale d’attenzione dovranno seguire progetti, organismi operativi, verifiche puntuali e soprattutto collaborazione.
Oltre alla Pubblica Amministrazione pensiamo di coinvolgere ovviamente i Golf Club, ma anche le strutture ricettive e tutti gli altri soggetti interessati (società di trasporto, ristoranti, ecc). Ovviamente saremo obbligati a lavorare sul medio termine: queste attività hanno bisogno di piani operativi, controllo e coordinamento".
- C’è già qualche segnale concreto?
"Oltre alla delibera del Consiglio Regionale del Lazio stiamo lavorando su due cose molto importanti. I Comitati Regionali, il Lazio ovviamente prima di tutti, hanno commissionato a SKY Sport una serie di spot da 30 secondi che andranno in onda con tema la Ryder Cup e il golf. Inoltre la Federazione ha concordato per tutto l’anno una pagina dedicata al golf sulle testate Corriere dello Sport-Stadio e Tuttosport. Mi sembra un ottimo inizio, dobbiamo far conoscere la Ryder Cup 2022, ma soprattutto il golf".
M.C.
Luca D’Andreamatteo è l’unico professionista del golf che l’Abruzzo abbia mai avuto. Ha soltanto 24 anni ed è "pro" da quando ne aveva 18, un talento per certi versi prematuro che, giunto nel 2016, ha deciso di dare una svolta alla sua carriera molto chiara, netta: dedicarsi a tempo pieno all’attività agonistica, quella da giocatore per intenderci, lasciando per un po’ in stand by quella di maestro del circolo.
Il perché è spiegato chiaramente dal giocatore: "Dedicarmi all’insegnamento negli ultimi anni mi ha dato grandissime soddisfazioni dal punto di vista umano, però è innegabile che sotto l’aspetto tecnico non mi ha consentito di rendere al meglio nelle gare. E’ normale che sia così, non rinnego nulla anzi è una porta che resta sempre aperta, ma adesso è giunto il momento di accelerare perché, essendo un professionista, voglio ottenere risultati importanti nell’età della maturità sportiva".
La stagione 2016, secondo i suoi programmi: "Cercherò di gareggiare molto, così da togliermi un po’ di... ruggine. Mi vedrete in tutte le tappe dell’Italian Pro Tour e, comunque, dove potrò, giocare. Insomma, ho tanta voglia di mettermi in discussione".
Sempre con base a Miglianico: "Certo, è il mio circolo. Io sono pescarese, da sempre Miglianico è la mia seconda casa e continuerò ogni giorno ad allenarmi sui campi e nelle strutture che meglio conosco".
Luca D’Andreamatteo era presente anche in occasione dell’apertura stagionale della Golf Academy, quando è stato più volte citato dal presidente Mario Dragonetti, che ha dichiarato di voler dare tutto il supporto possibile a questo ragazzo talentuoso. In fondo, un po’ tutto l’Abruzzo fa il tifo per D’Andreamatteo, nell’attesa e nella speranza che presto possa essere affiancato da altri professionisti abruzzesi. "Ragazzi bravi - ha detto il presidente - ce ne sono in giro, in particolar modo a Miglianico. Alcuni hanno senza dubbio le carte in regola per passare tra i professionisti, ma non devono avvertire troppa pressione, devono continuare su questa strada e mettercela tutta, dopodiché qualcosa accadrà perché le qualità le hanno". Lui non fa i nomi, ma è chiaro che il riferimento è ai vari Antonio Martino, Niccolò Capacchietti e a Enrico Marchesini. Insomma, se sono rose fioriranno...
La svedese Annika Sorenstam è stata nominata capitana della squadra europea di Solheim Cup per la 15ª edizione della sfida con la selezione degli Stati Uniti, che si terrà sul percorso del Des Moines Golf & Country Club a Des Moines, nello Iowa, dal 18 al 20 agosto 2017. L’annuncio è stato dato a Palm Springs, in California, alla vigilia dell’ANA Inspiration, il primo dei cinque major stagionali femminili.
Annika Sorenstam si è ritirata dalle scene agonistiche nel 2008 dopo essere stata ai vertici mondiali per oltre un decennio e aver vinto 72 gare nel LPGA Tour (con dieci major), 14 nel Ladies European Tour, quattro nel circuito australiano, due in quello giapponese e tre tornei a squadre, compresa la World Cup (2006).
Ha disputato la Solheim Cup per otto volte con due successi nel 2000 e nel 2003. Ha ricoperto il ruolo di vice capitana per tre volte con due vittorie continentali nel 2011 (capitana Alison Nicholas) e nel 2013 (capitana Liselotte Neumann), mentre nel 2015 (capitana Carin Koch) hanno prevalso le statunitensi in Germania (14,5-13.5) condotte da Juli Inkster, che sarà nuovamente alla loro guida nello Iowa.
"E’ un grandissimo onore - ha detto la 46enne di Bro - poter condurre la formazione europea. La Solheim Cup è stata una componente importante nella mia carriera ed essere stata vice capitana nelle ultime tre edizioni mi ha permesso di prepararmi a dovere per affrontare questo impegno con la dovuta esperienza. Negli ultimi dieci anni l’evento è molto cresciuto sia qualitativamente che nelle aspettative dei media e lo sarà ancora di più a Des Moines".
Annika Sorenstam è la nona capitana continentale nella storia della competizione dopo Mickey Walker, Pia Nilsson, Dale Reid, Catrin Nilsmark, Helen Alfredsson, Alison Nicholas, Liselotte Neumann e Carin Koch
Dai successi alle difficoltà e ritorno. Dopo anni di purgatorio Renato Paratore ha ritrovato la vittoria. Negli Emirati Arabi Uniti ha dominato l’UAE Challenge, evento dell’HotelPlanner Tour, tornando a festeggiare una impresa a distanza di 1.723 giorni dall’ultima volta (British Masters sul DP World Tour nel luglio 2020). “Sono davvero felice. È stato un exploit importante perché non riuscivo ad affermarmi da molto tempo. Ho avuto dei dubbi e mi sono chiesto: ‘Ma riuscirò a tornare a vincere’? Non è stato facile, ma ce l’ho fatta. E adesso, l’obiettivo del 2025, è quello di riconquistare la ‘carta’ per il massimo circuito continentale”, spiega Paratore in una intervista a cuore aperto sui canali federali. È la storia di un predestinato, quella di Paratore. Nato il 14 dicembre del 1996 a Roma, da dilettante ha conquistato prima lo Junior Orange Bowl nel 2013 a Miami (Usa), poi, nel 2014, il Portuguese International Amateur Championship a Palmela.
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Da 2 al 5 settembre prossimo tornerà l’Open d’Italia. Sarà la 78ª edizione dell’evento nato nel 1925 che però in tanti anni ha espresso solo sei vincitori italiani, due capaci di fare doppietta, Ugo Grappasonni (1950-1954) e Francesco Molinari (2006-2016) che si sono affiancati a Francesco Pasquali, a segno dell’edizione inaugurale del 1925, Aldo Casera (1948), Baldovino Dassù (1976) e a Massimo Mannelli (1980). Tra i "magnifici sei" soffermiamo l’attenzione su Aldo Casera e Ugo Grappasonni, due esponenti dei mitici "Tre moschettieri" del golf italiano.
Del trio faceva parte anche Alfonso Angelini, che non ebbe mai la fortuna di vincere l’Open, ma che detiene un primato probabilmente destinato a perenne imbattibilità: si impose per ben dieci volte nel Campionato Nazionale Omnium, oggi Campionato Nazionale Open. La loro storia si intreccia con quella di un altro grandissimo personaggio, Pietrino Manca "il maestro dei maestri" che ha trascorso tutta la sua vita al Circolo Golf Roma Acquasanta
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